Quale futuro per il lavoro? il nuovo report del world economic forum.

Cosa accadrà al mondo del lavoro nei prossimi anni? Automi e dispositivi tecnologici ci ruberanno il lavoro? Quali professioni sono destinate a scomparire nel prossimo futuro? Sono domande sempre più comuni per chi si accinge a entrare nel mondo del lavoro e per chi opera in prima linea nell’orientamento. 

Gli effetti di automazione e digitalizzazione sul lavoro sono da anni oggetto di studio e decine di ricerche stanno provando a delineare gli scenari lavorativi futuri con previsioni più o meno catastrofiche.

Nonostante queste ricerche presentino prospettive e scenari molto diversi, un elemento sembra inconfutabile: il cambiamento è impressionante e i primi risultati di questa rivoluzione tecnologica sono già visibili. Man mano che le innovazioni tecnologiche spostano le frontiere tra lavoro umano e lavoro fatto da macchine e algoritmi, il mondo del lavoro cambia radicalmente e rapidamente.

Porto di Amburgo, Nord della Germania: una schiera di robot telecomandati gestisce senza fatica le merci in transito. Stati Uniti: un team tutto digitale di infallibili avvocati d’impresa cura gli interessi di un’azienda multinazionale.

La prima fabbrica tutta robotizzata è già operativa in Cina e altre sono in costruzione in Europa, nel settore automobilistico, ma non solo. 

I motori di questa nuova rivoluzione industriale sembrano essere principalmente quattro: gli sviluppi di Internet (sempre più presente e sempre più veloce), le innovazioni tecnologiche nel campo dell’intelligenza artificiale, l’uso sempre più diffuso dei big data e lo sviluppo della cloud technology, cioè la distribuzione sempre maggiore di servizi attraverso Internet. 

Si delineano, dunque, scenari di un mondo connesso, digitale e automatizzato che incutono però timore e suscitano incertezza per le sorti di tanti lavoratori e della società tutta. Non a caso, gli operai dell’automotive chiamano il nuovo esperimento high-tech della fabbrica popolata di robot “la fabbrica della paura” e le domande sorgono spontanee: ci sarà ancora lavoro per gli uomini? E quali saranno le condizioni dei lavoratori in questo futuro oramai prossimo?

La storia ci insegna che ci sono sempre state invenzioni che hanno rubato il lavoro agli esseri umani (con grande timore dei lavoratori). E’ bene, però, ricordare che, nella storia, la scomparsa di lavori resi superflui dalla razionalizzazione/automatizzazione del processo produttivo spesso è stata compensata dalla nascita di nuovi lavori in altri settori e dalla nascita di un modo nuovo di lavorare.   

È a supporto di questa visione meno distopica del futuro che si pone il nuovo report del World Economic Forum (WEC) uscito il 19 settembre 2018, dopo due anni di ricerche. 

Il Future of Jobs Report 2018 si interroga sul futuro del lavoro nei prossimi 5 anni e nasce dall’analisi delle aspettative e del tipo di investimento che gli amministratori delle aziende pensano oggi di compiere entro il 2022. Il report ha coinvolto strateghi, esecutivi e responsabili delle risorse umane di aziende che operano in 12 settori diversi in 20 economie mondiali che valgono il 70% del PIL mondiale e 15 milioni di lavoratori impiegati. 

Il report si pone tre principali obiettivi: mappare le trasformazioni; documentare i cambiamenti nel lavoro e nelle abilità necessarie; capire le priorità di aziende e governi in termini di forza lavoro, bisogni di formazione e aggiornamento del personale.

1.Mappare le trasformazioni

Secondo il report, nel 2018, le ore impiegate dai processi produttivi di 12 settori industriali sono state compiute al 71% da esseri umani e il restante 29% da macchine. Già si stima però che nel 2022 tale ripartizione oraria si porterà rispettivamente al 58% e al 42% (il report offre inoltre previsioni diverse per i diversi settori e le diverse economie nazionali).  

2.Documentare i cambiamenti nel lavoro e nelle abilità richieste 

Il report prevede che entro il 2022 cesseranno di esistere 75 milioni posti di lavoro. Allo stesso tempo, però, altri 133 milioni verranno creati, con un conto netto di 58 milioni di nuove opportunità lavorative. Il lavoro svolto dagli esseri umani verrà incrementato dal lavoro di macchine e algoritmi e i lavori con domanda crescente saranno quelli in cui vi è un alto impiego di tecnologia (analisti di dati, sviluppatori di software e applicazioni, esperti di social ed eCommerce,specialisti in machine learning e intelligenza artificiale, esperti di automazione, designer di interazione uomo-macchina, ingegneri robotici, esperti di big data) o lavori in cui sono richieste doti specificamente umane (addetti al servizio clienti, venditori, specialisti di marketing, training, cultura, organizzazione e innovazione). 

Si prevedono dunque più opportunità lavorative e una fotografia del mondo del lavoro non così grigia rispetto a quanto spesso previsto. Questo scenario sarà però in funzione di come gli Stati gestiranno – subiranno o guideranno – la transizione. Per essere in grado di gestire quest’ondata di innovazione ci sarà bisogno di nuove competenze e conoscenze e il report parla di “reskilling imperative”: sarà fondamentale formare e aggiornare i lavoratori affinché possano essere in grado di gestire il cambiamento del lavoro e il progresso tecnologico. 

La ricerca del WEC riporta che non meno del 54% dei lavoratori avrà bisogno di essere aggiornato o di aumentare significativamente le proprie competenze e capacità. Tra questi, nei prossimi cinque anni, il 35% necessiterà di un training aggiuntivo di 6 mesi, il 9% di un training da 6 a 12 mesi, mentre al 10% servirà aggiornarsi per più di un anno. Insieme alle abilità tecniche delle professioni descritte sopra, le abilità più richieste saranno le capacità di pensiero critico, creativo, innovativo, l’intelligenza emotiva, il problem-solving complesso, le capacità di leadership e influenza sociale. 

3. Quali priorità per governi, aziende e lavoratori? 

Alla luce di questa analisi, il report sottolinea infine il ruolo cruciale di governi, aziende e cittadini per evitare che la società resti vittima di queste trasformazioni. 

Secondo il WEF, per evitare maggiori disuguaglianze, problemi di occupabilità e tensioni sociali, l’idea di “lifelong learning”, formazione durante tutto l’arco di vita, deve diventare tassello fondante nel mondo dell’istruzione, della formazione e del lavoro. L’investimento in innovazione tecnologica e in capitale umano rappresentano la diade vincente, un punto di forza per le realtà nazionali che solo così saranno in grado di creare un ciclo dinamico di crescita e di ampliamento di opportunità lavorative. 

Lungi dall’essere una questione esclusiva del mondo aziendale, il report sottolinea anche il ruolo della scuola e delle amministrazioni pubbliche. Queste saranno fondamentali per aiutare i giovani e i meno giovani a sviluppare quelle abilità che li aiuteranno a navigare in questo mondo in divenire e a comprendere l’importanza di continuare a imparare. 

L’idea di orientamento come “career development”, come sviluppo dinamico del cittadino che impara a creare e cogliere nuove opportunità e la capacità delle amministrazioni pubbliche di rimodellare e rendere attuale il sistema educativo e le politiche del lavoro faranno la differenza. 

Il report è scaricabile gratuitamente in inglese a questo link: http://reports.weforum.org/future-of-jobs-2018/