Perché iniziare a parlare di professioni nel primo ciclo di istruzione?

Perché iniziare a parlare di professioni già nel primo ciclo di istruzione? Questa una domanda che tanti genitori si sono fatti sentendo i propri figli raccontare le attività di orientamento svolte in classe (come i laboratori con SORPRENDO). La risposta viene da tante esperienze italiane e oltralpe e da una ricca letteratura sul tema che sta guidando la progettazione di attività sempre più precoci in tanti stati d’Europa e del mondo. Scopriamo insieme perché è importante partire presto.

In Europa si chiama “Early Career Education” e ha a che fare con un attento processo educativo. L’obiettivo non è quello di fare crescere troppo in fretta i nostri studenti ma, al contrario, di far sì che gli studenti siano realmente liberi quando poi si troveranno nei momenti di transizione. Tradizionalmente, il termine “carriera” è associato alle scelte professionali e l’idea di parlare di scelte professionali nella scuola primaria (in un momento in cui le aspirazioni hanno una natura fortemente mutevole e aperta) può sollevare dubbi e perplessità. L’orientamento precoce non è, però, fondato sull’idea di scelta ma su una sana esplorazione e scoperta di sé e del mondo, compreso quello dell’istruzione, del lavoro e delle professioni, al fine di ampliare gli orizzonti per il pieno sviluppo del potenziale degli studenti” (Niles & Harris-Bowlsbey, 2017). Le esperienze infantili hanno un ruolo nella costruzione dell’identità dei futuri adulti e il processo dello sviluppo di carriera inizia presto nei bambini attraverso l’osservazione del mondo che li circorda e la comprensione che il lavoro farà parte della loro vita da adulti. 

L’obiettivo è quello di equipaggiare gli studenti con gli strumenti che li renderanno poi capaci di influenzare, individualmente e collettivamente, le strutture che limitano il pieno sviluppo della potenzialità e delle possibilità di perseguire le proprie aspirazioni (Crause, Watson &McMahon, 2016). I dati parlano chiaro. 

Le conoscenze dei bambini sul mondo delle professioni e le aspirazioni professionali dipendono dal contesto a cui i bambini sono esposti. La ricerca Drawing the future (Chambers et al. 2018) ha coinvolto più di 20.000 bambini dai 7 agli 11 anni in diversi paesi del mondo e ha mostrato che il 59% di studenti dal 7-11 anni ha sentito parlare della propria professione preferita dai genitori, all’interno della famiglia. Il 56% dalla TV e meno dell’1% ha incontrato un professionista a scuola. Questo dato ci racconta i retroscena precoci relativi agli ostacoli alla mobilità sociale e sottolinea l’importanza di ampliare il ventaglio di opportunità a cui i bambini possono aspirare. Come spesso diciamo in classe: “come fai a sognare qualcosa che non conosci?” .

Un’altra ricerca ci racconta che spesso non c’è alcun legame tra le aspirazioni degli studenti e le richieste del mondo del lavoro. Lo studio ha coinvolto 11.000 giovani di 17 e 18 anni in Gran Bretagna (Mann et al., 2013). I dati sottolineano il bisogno di occasioni in cui gli studenti possano imparare a leggere il mondo che li circonda (con approccio critico e stimolando la loro agency). Come possiamo pensarli protagonisti se non hanno gli strumenti per leggere la complessità del contesto in cui si troveranno a costruire la propria biografia?

Le aspirazioni degli studenti sono ancora troppo spesso influenzate dagli stereotipi di genere, da stereotipi etnici, da un immaginario stereotipico e limitato del mondo del lavoro (https://www.educationandemployers.org/research/what-works-primary/).  Le aspirazioni hanno un impatto sull’impegno degli studenti nello studio e questo innesca a cascata una serie di meccanismi che avranno poi grande impatto sul percorso di carriera degli studenti (Gottfredson L.S., 2002). 

Un recente report dell’OECD sottolinea, infine, che il solo parlare di professioni e aspirazioni professionali nel percorso educativo comporterà un vantaggio da un punto di vista occupazionale più avanti (https://issuu.com/oecd.publishing/docs/how-youth-explore-experience-think-about-their-fut). 

Le ricerche e le evidenze da raccontare sarebbero ancora tante. Nonostante le evidenze, però, i dati PISA 2015 e una ricerca europea a cui anche Pluriversum ha partecipato coinvolgendo decine di docenti in focus group e questionari sul tema mostrano che attività di orientamento precoce sono ancora marginali nell’offerta scolastica. Queste sono spesso attività frammentate, gestite da personale non adeguatamente preparato e dispongono di risorse economiche ampiamente insufficienti (Musset & Kurekova, 2018; ricerca sul campo all’interno del progetto JOBLAND). Un ulteriore elemento di rischio è quanto abbiamo sentito sui media qualche settimana fa con genitori contrariati all’idea di parlare di professioni nel primo ciclo di istruzione. 

Per la comunità orientante (e la comunità tutta) questo rappresenta un momento delicato in cui confrontarsi e iniziare a progettare azioni di sistema su questo tema. Il team di esperti dell’Università di Firenze ha, inoltre, recentemente pubblicato il primo manuale in italiano su “early career education” che è disponibile gratuitamente e rappresenta un importante punto di partenza in Italia: https://www.pensamultimedia.it/pensa/prodotto/early-career-education/

Su questo tema, insieme alle ricercatrici dell’Università di Firenze, da anni Pluriversum è impegnato in prima linea in tanti territori e cogliamo l’occasione per condividere un breve sondaggio su early career education che stiamo promuoovendo all’interno di una iniziativa europea su early career education (www.projectprime.eu). Il sondaggio non richiede più di 5 minuti per la compilazione e i dati contribuiranno a delinare meglio i bisogni e i margini per migliorare le attività di orientamento precoce a scuola. 

Il sondaggio è disponibile a questo link: https://v9bz983il4p.typeform.com/careereducation

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